Scritto per terrearse.it (rubrica Cactus)
In tempi di crisi, si sa, è necessario reinventarsi con creatività e
ardimento. E’ giunto il momento di smetterla di lagnarsi sui lesi diritti dei
precari e sull’agonia del mercato del lavoro, per seguire, perché no, il
consiglio di Berlusconi: riscoprire una disinvolta autoimprenditorialità. Per
chi fosse stufo di comprare gratta e vinci, mandare cv e fare concorsi
pubblici, non potendo investire alcunché in impresa alcuna, esiste una
promettente possibilità remunerativa, gratuita e divertente: diventare leghisti.
Dai punti seguenti i disoccupati potranno trarre dei finalmente pratici
insegnamenti su come sbarcare il lunario senza spendere un centesimo e senza
studiare (anzi, la mancanza di studio è come si vedrà requisito indispensabile
per il successo).
2) Laddove vi sia lo spiacevole inconveniente che siate nati a Barcellona
Pozzo di Gotto, a Corigliano Calabro, a San Sebastiano a Vesuvio o a Molfetta
di Puglia, iniziate in primo luogo cognitivamente a rinnegare tale provenienza.
“Si tratta di un incidente”, pensatelo con costanza fino a crederci
davvero. Vi aiuterà in questo un simpatico esercizio: disprezzate i vostri
conterranei accusandoli in blocco di mafia e contrapponendogli l’infallibile
modello etico padano, il tutto rigorosamente per principio. Quindi frustatevi
la schiena 10 volte al mattino e 10 alla sera (attenzione: tre serie da 10 in
entrambi i casi) urlando a denti stretti “sono terrone, sono terrone. ero
terrone”. Ciò vi darà consapevolezza dell’orrore geografico di cui vi siete
originariamente macchiati, e al contempo vi purificherà.
3) Trasferitevi in Veneto mimetizzandovi con cautela, onde studiare
direttamente l’accento e le smorfie degli abitanti. Prendete appunti ai
giardinetti e frequentate assiduamente le taverne puntando gli occhi sulla
gestualità degli astanti. Esercitatevi ogni giorno, ripeto ogni giorno davanti
allo specchio. Quando guardandovi allo specchio non avrete più dubbi sulla
vostra apparenza – ma soprattutto essenza – padana, sarete pronti per il punto
4.
4) Guardate ossessivamente le apparizioni televisive di Bossi, Borghezio,
Cota, Calderoli e Castelli. Vi è, nonostante la matrice antropologica comune,
un abisso fra loro. Seguirne con diligente costanza la fenomenologia è
nondimeno indispensabile per capire che piega vorrete dare alla vostra impresa:
rispettivamente, carismatico-gutturale, folklorico-carnevalesca,
raffinato-populista, paonazzo-satanista o misantropico-legalista? Col tempo
capirete qual è l’esempio morale che più solletica le vostre ambizioni.
5) Copritevi il volto di una smorfia sprezzante permanente: anche quando
ridete, essa non dovrà mai scomparire; essa dovrà, come dire, fissarvisi sul
volto per sempre. Non dimenticate infatti che si tratta di una mutazione
genetica a tutti gli effetti: del corpo, oltre che dell’anima.
6) Rivalutate fra le vostre preferenze cromatiche, pericolosamente
orientate al rosso porpora, al rosa antico o al giallo canarino, il verde. Dal
thé ai tovaglioli della cucina, tutto sarà verde, proprio come la speranza di
farcela. L’addestramento vi porterà a provare spontanea simpatia solo e
soltanto per quel colore, fino a biasimarne l’esistenza in contesti
inappropriati (il semaforo e roba del genere), magari deformandone il
significato in senso leghista (nel caso col semaforo, l’intermittenza col rosso
ben rappresenterà lo scontro coi comunisti).
7) Smettetela di studiare. Farlo implica un’articolazione dei processi
cognitivi in senso progressivamente complesso, il che non promette nulla di
buono. A riprova dell’indifferenza degli sforzi in tal senso, ricordate che fra
i leghisti più illustri figurano un diplomato alla Scuola Radio Elettra e un
laureato in odontoiatria.
Se possibile, regredite perciò allo stadio cognitivo dei vostri 14 anni o,
se proprio dovete, prendete una laurea in non importa cosa, ma dimenticando gli
insegnamenti subito dopo.
8) Semplificate
tutti i problemi. La prima, urgente semplificazione
consiste nel dividere scrupolosamente il mondo in due categorie: noi e gli
altri. Va da sé che noi coincide col geneticamente padano e gli
altri con tutto il resto. In un unico pentolone, cioè, inserite il
non-padano inteso come intrinsecamente deficitario: esso è in ogni caso,
per una sorta di non meglio specificato peccato originale, antropologicamente
mancante. Nel caso che non comprendiate questa sottile mossa metodologica,
cercare la voce “manicheismo” su wikipedia potrebbe esservi d’aiuto.
9) La seconda non meno urgente semplificazione, è attribuire all’esistenza
stessa degli altri di cui sopra la colpa di tutti i mali della società
di oggi.
In caso di dubbi da donnicciole di sinistra (esisteranno mica altre
categorie? Sarà per caso il mondo un pochino più complesso?) per una
settimana dopo i pasti battetevi un pugno sul petto, tremate come presi da una
scossa elettrica e urlate paonazzi la salvifica formula “Terùn! Terùn! Terùn!”.
Quindi scuotete la testa come assatanati in preda a un esorcismo e ruotate le
orbite oculari iniettate di sangue verso una foto in bianco e nero di
Calderoli. Dopo, e soltanto dopo, scrivete su un foglio la parola “dubbio” e
dategli fuoco, cantando “Oh la mia bella Madunina” intorno al falò.
10) Incanalate tutte le vostre variegate emozioni – dalla tristezza alla
rabbia, dalla gioia alla frustrazione – nel principio “ci rubano i posti di
lavoro”, pronunciato con dispetto, digrignando i denti e puntando il dito
sul non meglio specificato nemico: il rapporto con gli altri, i processi
di integrazione sociale, dovranno essere pensati esclusivamente
in termini di furto.
11) Ghettizzate tutti i principi etici ahivoi precedentemente acquisiti
limitandoli al contesto territoriale padano. Per esempio, la solidarietà sarà
un principio valido solo tra padani, perdendo ogni cogenza etica al di
fuori dei confini prescritti. E’ un po’ come il limes fra greci e
barbari; trascurate tuttavia con ostinazione che anche i romani ragionavano
così: tra i vostri modelli di riferimento i romani – passati e presenti – sono
senz’altro da sconsigliare.
12) Quando avrete acquisito i punti dall’1 all’11, sarete pronti per
presentarvi al mondo (attenzione: va da sé che con “mondo” intendiamo la
padania, nda) come leghisti. Prendete l’abitudine di mangiare carne autoctona
insieme a orde di invasati dopo i comizi di Bossi, nei tendoni dei paesini
roccaforte della Lega, bestemmiando in dialetto con i bordi della bocca
gocciolanti vino e sangue. La base dell’amicizia con gli altri leghisti
consisterà nella indefessa lamentazione sul nemico comune: a seconda delle
evenienze, l’extracomunitario, il terrone, l’Europa, il sistema solare (Po
escluso).
13) Complimenti, siete pronti per una brillante carriera padana! Non vi
resta che stilare il vostro programma elettorale. Cos’è quello sguardo
smarrito, calma, questa è la fase più semplice! Basterà captare le paure degli
anziani nei quartieri residenziali pieni di kebabbari: ogni paura individuata
dovrà essere trasformata alchemicamente in una proposta politica. Per esempio:
“è pieno di extracomunitari che rubano” diventerà “fuori gli extracomunitari
dalla padania”; oppure “l’euro ci sta rovinando” diventerà, come per magia,
“torniamo alla lira, Europa ladrona”, e il vostro programma è bell’e pronto.
Facile, visto?
14) Naturalmente, le vostre apparizioni pubbliche dovranno conciliare, come
suole la tradizione leghista, ricercatezza e maleducazione, snobismo e
populismo, in un’ideale sintesi psicosociale di aristocrazia e proletariato –
non già uno schiaffo, bensì un disinvolto sgambetto alla lotta di classe. Tosi
per esempio alterna con nonchalance retorica del ritorno alla terra e aulici
riferimenti alla letteratura tedesca del ‘700.
Ma dovrete, più esattamente, essere distinti e cafoni a un tempo. Lo so, lo
so che ciò è profondamente contraddittorio. Ma è da questo contrasto che nasce,
come un fungo dall’umidità, il prorompente successo del leghista.
15) A intervalli regolari, sparatela grossa. Lo sparagrossismo è una
scuola di pensiero in costante evoluzione, voi dovrete coglierne i frutti più
recenti e cavalcare l’onda della polemica – possibilmente a sfondo
sociale/razziale – più in voga, distribuendo generosamente frasi a effetto;
attenzione, sempre con le caratteristiche fisiognomiche già indicate. Con
“frasi a effetto” intendiamo brevi enunciati (non necessariamente) dotati di
senso che offendano una categoria sociale/religiosa particolarmente invisa agli
anziani dei giardinetti osservati durante l’addestramento. Ricordate che in
quest’epoca di dilagante relativismo la gente vuole uomini di polso al potere;
ostentate perciò sicurezza. Dare con arrogante eleganza risposte facili a
problemi complicati è la vostra missione, non dimenticatelo mai.
16) Rivalutate la funzione sociale della parolaccia, se del caso anche
della bestemmia. Ficcate in ogni discorso almeno 3, 4 parolacce e,
all’occorrenza, dito medio e/o gesto dell’ombrello, anche e soprattutto
quando non specificamente richiesto dal senso del discorso. Questo vi servirà
per arrivare al cuore delle masse fomentandone la carica secessionista.
17) Nascondete sotto il materasso una copia del Mein Kampf di
Hitler, evidenziando le parti a vostro avviso più attuali, eliminando quelle
anacronistiche e sostituendo i passi riferiti alla Germania con riferimenti
padani (preferibilmente in dialetto veneto). Non negate mai la vostra simpatia
per il nazionalsocialismo tedesco degli anni ’30, ma neanche affermatela:
lasciate agli interlocutori il fertile dubbio.
18) Riempitevi la bocca di etica del martirio del contadino: zappare la
terra, sudarsi lo stipendio senza lamentarsi mai, indurirsi i calli delle dita
per strappare la verdura dai campi da mattina a sera, saranno presentati come
valori in sé sublimati in senso virile. L’etica del lavoro sarà una potente
arma ideologica che illuderà i più della vostra integrità morale. Enfatizzate
quindi a ogni piè sospinto il rispetto di tutti i cavilli delle regole intese
sempre in senso formale, legalistico, mai sostanziale (senza cioè comprenderne il
senso).
19) Predicate bene.
20) Razzolate male.
Bravissimi, siete stati eletti! Senza neanche lavorare guadagnerete tanti
bei quattrini, con tanto di popolarità e, si spera, immortalità.
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