Dopo svariate ere geologiche (dall'ultimo post ho abitato in 3 nazioni diverse, per riassumere), la pandemia ha riacceso il bisogno di scrivere cose anacronistiche senza un obiettivo che non consista nella condivisione genuina e fine a se stessa. Tuttavia, questo posto - a cui voglio molto bene - ha fatto il suo tempo. Quindi ho aperto un nuovo blog, in inglese. Ormai sento di abitare una sorta di area linguistica un po' apolide. Non scrivo quasi piu' in italiano, e l'inglese ha penetrato il mio modo di pensare in un modo a cui francamente non mi sento di opporre resistenza. Ma non scrivendo molto piu' in italiano sento di aver perso quel senso immediato di fluidita' nell'esprimere certe sfumature. Piu' che spaventarmi, ammetto che il processo mi intriga.
Lo so, i blog in realta hanno fatto il loro tempo, ma anche no. Penso che solo format di questo tipo possano ospitare flussi di pensiero in modo estemporaneo, non-ambizioso, e non altrimenti collocabili. La scrittura accademica mi sta stretta, e non ho abbastanza tempo per dedicarmi ad articoli piu' elaborati nel modo che vorrei. Peraltro, da un'anacronista cosa ti aspetti?