"Ogniqualvolta le linee erano a portata d'orecchio c'era sempre un discreto scambio di urla da trincea a trincea. Noi urlavamo 'Fascistas-maricones!'. E loro rispondevano: 'Viva Espana! Viva Franco!', oppure quando sapevano che di fronte avevano gli inglesi: 'Andatevene a casa, inglesi! Non vogliamo forestieri qui!'. Dalla parte governativa, nelle milizie di partito, la propaganda urlata per minare il morale del nemico era stata sviluppata in una vera e propria tecnica. Nelle posizioni in cui era possibile, alcuni uomini, di solito i mitraglieri, erano chiamati a fare il loro turno di urla e venivano provvisti di megafoni. In genere urlavano un copione già scritto, pieno di sentimenti rivoluzionari, per spiegare ai soldati fascisti che non erano altro che i manovali del capitalismo internazionale, che stavano combattendo contro la loro stessa classe eccetera, e per esortarli a passare dalla nostra parte.
Questi messaggi erano continuamente ripetuti da uomini che si davano il cambio; a volte la storia andava avanti anche tutta la notte. Non c'è dubbio che la tattica producesse un certo effetto; tutti erano concordi nell'affermare che lo stillicidio di disertori dai fascisti era in parte dovuto alla sua efficacia. In effetti, se ci si pensa, quando un povero diavolo di sentinella - con ogni probabilità membro di un sindacato socialista o anarchico, che è stato arruolato contro la sua volontà - se ne sta a gelarsi nella sua postazione, il fatto che lo slogan 'Non combattere contro la tua stessa classe!' gli riecheggi continuamente negli orecchi nel buio deve pur fargli una qualche impressione. [...] A volte, invece di gridare slogan rivoluzionari si limitava a informare i fascisti che noi mangiavamo molto meglio di loro." (pp. 44 - 45)
Questi messaggi erano continuamente ripetuti da uomini che si davano il cambio; a volte la storia andava avanti anche tutta la notte. Non c'è dubbio che la tattica producesse un certo effetto; tutti erano concordi nell'affermare che lo stillicidio di disertori dai fascisti era in parte dovuto alla sua efficacia. In effetti, se ci si pensa, quando un povero diavolo di sentinella - con ogni probabilità membro di un sindacato socialista o anarchico, che è stato arruolato contro la sua volontà - se ne sta a gelarsi nella sua postazione, il fatto che lo slogan 'Non combattere contro la tua stessa classe!' gli riecheggi continuamente negli orecchi nel buio deve pur fargli una qualche impressione. [...] A volte, invece di gridare slogan rivoluzionari si limitava a informare i fascisti che noi mangiavamo molto meglio di loro." (pp. 44 - 45)
"Altro che gloria della guerra! In guerra tutti i soldati sono pieni di piattole, per lo meno se fa abbastanza caldo. Gli uomini che hanno combattuto a Verdun, a Waterloo, a Flodden, a Senlac, alle Termopili, avevano tutti i testicoli brucianti di piattole." (p. 54)
"E poi l'Inghilterra - l'Inghilterra meridionale, probabilmente il paesaggio più soave del mondo. Quando si passa da quelle parti [...] è difficile credere che qualcosa stia veramente succedendo da qualche altra parte del mondo. Terremoti in Giappone, carestie in Cina e rivoluzioni in Messico? Non vi preoccupate: la bottiglia del latte sarà davanti alla porta di casa domattina e il 'New Statesman' uscirà il venerdì." (p. 185)
"In un certo senso si potrebbe affermare che lì si stava provando un primo assaggio di socialismo, intendo dire cioè che l'atmosfera mentale prevalente era quella socialista. Molte delle motivazioni normali della vita civile - lo snobismo, l'avidità di denaro, il timore dei capi eccetera - avevano semplicemente cessato di esistere. La normale divisione della società in classi era scomparsa a un punto tale che è quasi inconcepibile immaginarla nell'aria dell'Inghilterra, inquinata dal denaro; lì non c'eravamo che noi e i contadini e nessuno era padrone di un altro. Naturalmente un tale stato di cose non poteva durare. Era semplicemente una fase temporanea e localizzata di un'enorme partita che si gioca sull'intera superficie della Terra. Comunque è durata abbastanza da avere il suo effetto su chiunque ne abbia avuto esperienza. Per quanto all'epoca si imprecasse, in seguito si è compreso di essere stati in contatto con qualcosa di strano e prezioso: avevamo vissuto in una comunità dove la speranza era più normale dell'apatia e del cinismo, dove la parola 'compagno' indicava vera solidarietà e non, come nella maggior parte dei paesi, un'impostura. Avevamo respirato aria di eguaglianza. In ogni paese del mondo un'enorme tribù di burocrati di partito e di leccati professorini si dà molto da fare per 'provare' che il socialismo non significa altro che un capitalismo di stato pianificato in cui rimanga intatta la motivazione dell'avidità. Ma per fortuna esisteva anche una visione del socialismo molto diversa da questa. [...] Le milizie spagnole, infatti, finché sono durate, erano un microcosmo di società senza classi. In quella comunità in cui nessuno cercava di 'emergere', dove c'era penuria di tutto, ma nessun privilegio e nessuno leccava le scarpe a nessuno, si poteva avere, forse, una rozza idea di quali potrebbero essere le fasi iniziali del socialismo. [...] Naturalmente, all'epoca non è che mi rendessi conto dei cambiamenti che avvenivano nella mia mente. Come tutti quelli intorno a me, mi rendevo conto soprattutto della noia, del caldo, del freddo, delle pallottole, dei sacrifici e dei rischi che ogni tanto si correvano." (pp. 85 - 86)
"[...] a parte i piccoli gruppi rivoluzionari presenti in ogni paese, il mondo intero era ben deciso a impedire che in Spagna avvenisse una rivoluzione. In particolare, proprio il Partito comunista, spalleggiato dalla Russia sovietica, si era gettato a corpo morto contro l'ipotesi rivoluzionaria" (p. 192) [...] "l'unica caratteristica strana della situazione spagnola - una caratteristica che peraltro ha causato enormi fraintendimenti fuori dalla Spagna - è che tra i partiti della coalizione di governo i comunisti non sono schierati all'estrema sinistra, bensì all'estrema destra" (p. 197) [...] "In realtà sono stati proprio i comunisti, più di chiunque altro, a impedire la rivoluzione in Spagna." (p. 198)
[Da G.Orwell, Omaggio alla Catalogna, Mondadori 1993]
è uno dei libri più belli che io abbia mai letto fra quelli di storia-letteratura-politica.
RispondiEliminaUna felicissima (e inaspettata) scoperta anche per me.
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