Appunti di Storia moderna

venerdì 6 febbraio 2009

Il potere e i suoi ricatti

Oggi sento distintamente l'onnipervasività, la forza subdola con cui il potere si addentra nei meandri più impensabili di quelli che assoggetta. Il potere a cui mi riferisco non è solo politico: si esercita a livello simbolico e psicologico, culturale, attraverso dei mezzi imperscrutabili fa sì che le sue vittime ne diventino alleate.
Il potere riesce a insinuarsi nella parte più intima delle loro coscienze, in modo da indurle a perpetrarlo, a replicarlo esse stesse: si rafforza grazie a questo tipo di masochismo indotto. Foucault lo chiamerebbe disciplinamento.
Sua caratteristica principale sta, dunque, nel convincere che non esiste. Le maschere con cui si presenta recano i tratti della normalità, del quotidiano, della banale routine su cui non c'è nulla da discutere, e per ciò stesso risulta più convincente.
Terribilmente vive del fatto di presentarsi - invisibile- come l'unica realtà possibile. Fa credere ai suoi complici assoggettati di essere la natura. La loro immaginazione subisce allora una drastica castrazione: non c'è da desiderare che tra quello che viene presentato come ovviamente desiderabile. C'è una gamma limitata di desideri appositamente preconfezionati dal potere, e la libertà di scelta degli assoggettati complici dovrà esplicarsi su questa ristretta predelimitata zona. Eppure le vittime hanno la sensazione di essere liberi, di avere il controllo delle proprie vite, che il loro inconscio accolga niente più che qualche ordinaria frustrazione.
Ma questa sensazione è la linfa di cui il suddetto si nutre.
Le possibilità cui è legittimo aspirare sono preselezionate al punto che si vive stretti nel recinto dai confini appositamente stabiliti.
Come saltare fuori dal recinto? C'è una specie di ricatto. Come uscire da qualcosa che non si vede? E se lo si vede, come uscire da qualcosa che sino all'altro giorno sembrava la realtà, l'unico mondo possibile? Un'immaginazione già castrata e una realtà già epurata dei suoi elementi eccedenti, ribelli, non assoggettati, concorrono a tagliare le gambe a chiunque voglia mettersi in corsa per andare al di là del recinto.


Quando una donna rimane incinta, ella può portare avanti la sua gravidanza con un compagno, o da single. In entrambi i casi di certo non potrà aspirare all'autosufficienza. Dovrà appoggiarsi a qualcuno, o dovrà fare la madre rinunciando a se stessa. In ogni caso c'è bisogno di una protesi alla sua possibilità di essere.
C'è un tentativo di disciplinamento dietro i movimenti antiabortisti, i politici che vi si richiamano, la chiesa,e il senso comune su cui tutti questi messi insieme fanno leva.
Il senso comune è la faccia con cui si presenta alle sue vittime il potere. Esso è capillare, multiframmentato, insinuoso, zitto ed eloquente, si espande scegliendo per sé le maschere più credibili.
Alla donna incinta che non lo abbia desiderato, verrà prospettato un futuro di pentimento e sofferenza: difficilmente si libererà di quel dolore, così le viene detto e così probabilmente - non necessariamente - è. Le è dunque capitato qualcosa di irreversibile: in ogni caso dovrà aspettarsi una menomazione.


Certo questo è solo uno degli aspetti in cui si esplica il potere.
Vederlo, sollevare la coltre spessa dietro cui abilmente si nasconde, è il primo passo per indebolirlo. Dopo, quando si è cominciato a capire, non si può non continuare a riconoscerlo come tale, e , a meno di non tradire se stessi - e quindi alienarsi - non ci si può più convivere asetticamente: come se non ci fosse.


Credo che quello del comprendere sia un processo irreversibile. Quando si inizia a capire, non si può più tornare indietro: c'è una specie di necessità e ineluttabilità in questo. Lo diceva qualcuno a proposito della scienza: una volta che si è scoperto qualcosa, ad ogni scoperta ne segue un'altra, secondo un processo potenzialmente infinito.
Fermandolo o procedendo oltre l'esito potrebbe essere lo stesso: la follia, l'autodistruzione. Ma non c'è alcun modo di arrestarne il movimento.

4 commenti:

  1. Ciao cara,
    come vedi sono qui e leggo, grazie ancora per i consigli sui libri, ne farò tesoro... e mi raccomando continua ad aggiornare il blog, leggerti è un piacere!

    -SilenceOfTheLambs-

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  2. "quando si inizia a capire non si può più tornare indietro" e la strada che si prende è quella dell'autonomia, dell'indipendenza, dell'autodeterminazione individuale e collettiva. Capire è necessario per vivere da individui liberi...

    (A)lessio

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  3. Ma non si è liberi una volt per tutte. Il capire è un processo potenzialmente infinito...

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  4. infatti non credo che la "libertà" sia uno status individuale effettivamente raggiungibile. La "libertà" è tendere ad essere liberi, a sapere, a sviluppare senso critico, ad essere consapevoli di quello che si dice o si fa o paradossalmente ad essere consapevoli della propria ignoranza...

    (A)lessio

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