Quell'uomo stanco con gli occhiali sulla punta del naso, con un pullover grigio pallido e l'aria assente, è l'uomo che ti risponderà, in caso di deviazione dal procedimento previsto, che non dipende da lui. "Provi a parlare con l'ufficio B", e il richiedente si trascina di edificio in edificio con la sensazione di lottare contro qualcosa di impalpabile ma prepotente. "Alla fine, decidono dei fatti tuoi" pensa esterrefatto il richiedente che, è vero, parlerà con l'ufficio non con la persona: il vero compito di entrambi, funzionario e richiedente, è quello di mettere nel cassetto la propria appartenenza al genere umano per entrare in forma mimetica in quello delle macchine e dei sistemi computazionali, dove vige un sistema improntato al sì/no in situazioni dove l'unica cosa che accade è la risposta allo stimolo, entrambi rigorosamente previsiti. Il particolare viene macabramente inghiottito da un universale falso, poiché non è tutti che rappresenta ma solo se stesso come microcosmo a sé stante.
Nella burocrazia le carte, gli elenchi, le sigle e i timbri, sono più vivi di coloro per i quali erano stati creati. I protagonisti non sono più gli individui, sia pure come massa, ma i procedimenti previsti. Il funzionario, per parte sua, è quel poveretto a cui è stato chiesto di alienarsi per sopravvivere in questo sistema. Ne risulta un mondo di zombie che, nevroticamente, si attaccano ai cavilli dei procedimenti previsti e a colpi di clausole e dettagli si fanno fuori a vicenda. Spaventati, ammorbati, incazzati, soli, non resta loro che chiudersi dietro le porte delle loro case con quattro giri di chiave, infilarsi sotto le coperte e accendere la tv.
A proposito della tv, prima o poi ho intenzione di scrivere qualcosa sul linguaggio televisivo come momento "religioso" di quello burocratico...
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