Delirio dialettico.
Vorrei ringraziare Hegel per aver contribuito a dissolvere la nube nera che da tempo avevo gettato sulla filosofia. Vedere quella vecchia passione fossilizzata, agonizzante nel mio pensiero era uno spettacolo deprimente. Intanto sono arrivata a confonderla con la sociologia, persino con la politica, o con la filologia. Avevo dimenticato i voli pindarici del pensiero - per capirci, il gusto libidinoso di addentrarsi nel fascinosamente-vertiginoso-mondo dell'Ontologia. Il prurito sopraggiunto nell'udire parole come essere, essenza, cosalità, sostanza, ecc ha ora - di colpo - lasciato il posto al vecchio arcinoto gusto del pensiero inutile.
Tanto pragmatismo industriale finisce per corrompere l'animo più volatile - "le ali, mettile da parte, con l'arte e tutto il resto" - così ci indottrina a ogni passo la società. Ma quest'indottrinamento è insopportabile per chi vuole superare il raso terra.
Potrei descrivere il processo con lo stesso linguaggio di Hegel: vaga volatilità - negazione nel pragmatismo conformista - volo pindarico compiuto. Ora, cioè, posso apprezzare meglio lo studio dell'ontologia, della logica, delle macerie metafisiche, senza la fretta del barbaramente concreto. Mi sono autorizzata a farlo perché ho riscoperto che mi appaga nel profondo. Diciamolo: sto concreto ha proprio rotto. Per concreto intendo: il qui ed ora, la becera attualità, il fattuccio quotidiano. Mò basta. Rivendico, con l'alibi di Hegel, il mio diritto a pensare alla totalità, all'intero che è vero - che aufhebe, toglie il fattuccio per conservarlo nella direzione del superamento. Qui non è lecito. Bene: lo farò di nascosto. Sghignazzando e fregandomi le mani davanti ai corposi e proibiti volumi di un filosofo dell'Ottocento.
Basta la sola sensazione: infinita libidine nella "fruizione" agita del pensiero hegeliano. Finalmente, leggendolo, ricompare quella compattezza organica che avevo smarrito nei frammenti dei vari "filosofemi" particolari. Ho persino potuto desiderare di studiare altro: medicina, ecc.
Neanche una settimana fa scrivevo:
Sono la versione provinciale, un po' goffa, vagamente madamebovariana del Dott. Faust. Tralasciando svendite dell'anima e corruzione metafisica, ciò che ci accomuna è un impulso radicale a possedere tutto lo scibile. Di anno in anno la mia curiosità aumenta a dismisura - senza gradualità, per esplosioni progressive - e oggi mi ritrovo (non lo avrei mai creduto prima, davvero) a rimettere in discussione la scelta di studiare filosofia. Non sono esatta, però: sono una strenua partigiana della filosofia - solo che adesso, ecco, non mi basta. D'altronde nulla è più filosofico del desiderio di conoscere...
La filosofia mi ha insegnato - il processo è infinito - metodi, angolazioni, prospettive per osservare le cose, comprese le altre scienze. Ha allargato e affinato la lente d'ingrandimento con cui affacciarmi al mondo. Ora sento di avere una base - mobile e mai conclusa - su cui bisogna costruire qualcosa. Sto apprendendo un metodo ora voglio un contenuto.
Ma mi sono bastate due pagine hegeliane per riprecipitarmi nell'antico pathos dello sforzo concettuale disinteressato. Che sfocia nel godimento: paragonabile a quello che si prova per un esito riuscito di un complicato esercizio di matematica, o a quella gioia pura, preverbale della fruizione artistica più alta. Penso che mi venderei tutto per provare quello. In fondo il meccanismo è lo stesso per le droghe: l'anticipazione del piacere. Ma la sensazione sottostante di una progressione di fondo nel piacere filosofico vince - in perseveranza e ostinatezza - tutti gli altri piaceri.
Sono sempre stata più o meno implicitamente convinta che l'ansia di totalità fosse perseguibile solo con la filosofia. Studiare economia o medicina per tutta la vita mi avrebbe precluso troppe fette di mondo. Mi sarei lasciata andare a qualche tecnicismo e a una professionalità, sì, intensa e interessante, ma dopotutto parziale. Così volgarmente parziale. Così terrena. Coi piedi saldi a terra - no ma che dico: affossati. Il tutto che la filosofia promette - proprio nel momento stesso in cui lo sconfessa - è la grande istanza del mio studiare Hegel nonostante il mondo mi ostacoli a ogni passo. Questi cocciuti accidenti si organizzano per rendermi la filosofia impossibile - è una congiura esistenziale. Le cose-da-fare sono forme evanescenti, spesso un sottofondo rumoroso, un elemento di disturbo della pura e semplice riflessione che rincorre il tutto. (Il mio problema principale è che si tratta di pensieri correnti. Non so se la gente normale pensi sempre al prosciutto, all'appuntamento, alla telefonata e alla lavatrice - all'immediato insomma. Io mentre stendo i panni mi chiedo in che senso poi Kant intendesse lo schematismo. Non me ne vanto: penso che sia un disturbo serio. La più preoccupante delle mie tare. Di cui dopotutto non farei affatto a meno).
Ringrazio perciò E. per avermi regalato il Faust. Fa la coppia con Hegel - ed è il modo definitivo per fottermi il cervello. Ma ben venga - eros e thanatos sono la mia tentazione permanente - sono poi la vita.
mi piaceva molto di più come titolo del blog... iononmidepilo :))
RispondiEliminamolto irriverente...
studentessa di filosofia immagino...
taccuino impegnativo il suo blog ...devo esser mentalmente piu' riposata per trovare la giusta concentrazione.
vergine segno zodiacale... un osso duro come la sottoscritta.
:)
Anche a me, ma non potevo indicare l'indirizzo senza ogni volta incappare in un dibattito sulla valenza sociale della depilazione. Poi tengo particolarmente al concetto di anacronismo, in cui rientra anche il fatto di scrivere un blog "Impegnativo" - che è tale solo nella misura in cui evita volutamente l'approccio attrattivo e "intrattenimentistico".
RispondiElimina(Questo post in fondo è tra i più accessibili e a mio giudizio meno pallosi).
visto che ho speso proficuamente del tempo su Hegel, di che paginette stai parlando?
RispondiEliminafastidio, un essere e(ste)ticamente pro depilazione
Scienza della logica. In particolare, la dottrina dell'essenza. Ma ho l'acquolina ancora sbavante per la Fenomenologia, da tempo nella lista fucsia degli assolutamente da leggere prima di fissarmi ulteriormente coi marxisti.
RispondiEliminaLa depilazione è un'alienazione vera e propria. E' in sé, poi si toglie...ma poi non torna in sé. Così non si compie - è l'astrazione (es-trazione)tanto odiata da Friedrich. E' dunque anche per ragioni dialettico-hegeliane che sono contro la rimozione del pelo (ultimo bislacco tabù della società).