Appunti di Storia moderna

mercoledì 1 luglio 2009

Vita surgelata

E' che a sentirmi normale proprio non ci riesco. L'approvazione degli altri, dopo un iniziale effimero senso di libidine, mi dà la nausea. E non per una specie di perversa ideologia del bastian contrario, né perché mi senta particolarmente eccezionale.

Quando la gente è d'accordo con me mi sembra sempre di essere nel torto (O.Wilde).

C'è qualcosa di insulso nel senso comune, un non so che di viscido e urtante, che si materializza nei parchi di certe domeniche pomeriggio, nelle agognate vacanze, nel quadretto felice della famigliola che passeggia nel centro commerciale, nell'espressione basita di chi abbronzatissimo disdegna il tuo pallore in pieno agosto, nell'ottuso ottimismo di tutti, e, e. Per esempio.
C'è come una patina dura che ricopre tante attestazioni di normalità, questa ripetizione claustrofobica e totalitaria di ideucce e modus vivendi preconfezionati; è impossibile, guardando sotto, scorgere qualcosa di consistente, un qualche abisso che valga la pena di sondare, un moto di vita, un che d'autentico, delle ombre, delle ambiguità, un indefinito. Ma sembra che intorno ci sia solo questo. Relazionarsi con esseri umani vividi, dalla personalità plastica e multiforme, da, che so, un qualche estremismo dettato solo da una sensibilità viscerale, un gridare represso, un'espressione indecifrabile, una particolarità che irrompe dal profondo, sembra impossibile da queste parti. I miei interlocutori hanno occhi di vetro, inespressivi e immobili, e parole stantìe, ingabbiate in frasi già sentite, ricoperte dalla polvere del dire inerte.
Mi sento in ostaggio di questa gente qui.

6 commenti:

  1. ma non lo sei. sei libera. sei qua. io non ho l'occhio vitreo, nessuno qua intorno ce l'ha. questa cosa di pixel è realtà, mica finzione.

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  2. stai tranquilla, finchè ragioni e scrivi così, sei loro ostaggio, sì. ma un ostaggio pensante. e questo è l' importante.
    qualora dovessi cominciare a provare simpatia per qualcuno che è uscito dal grande fratello o simili, o, per caso, ti vien voglia di piazzarti al sole di mezzogiorno e tenti di diventare nera, ti prego, scrivimi. farò di tutto per tirarti fuori dalla plastica.
    ciao! paola

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  3. Grazie, oh miei superstiti comentatores.

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  4. cara ma come potresti tu essere ostaggio di questa gente qui? Finchè noti la differenza tra te e e loro non ha nulla da temere

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  5. Mah. Faccio sempre fatica a non essere d'accordo e coniugare il mio non essere d'accordo con uno stile gentile, non essere offensiva. Ma questo post in fondo è un po' offensivo no? Certo non a me. E potrei dirti anche io che ho bisogno di essere staccata, diversa dal senso comune. Ne ho un bisogno tale, che ho dovuto perfin o fare un processo a ritroso per riconquistarne e rivalutarne una parte. Per essere un po' banale anche io deo griatias.
    E oggi sinceramente penso che avere le palle, metafora simpatica e sessista per alludere alla fermezza e alla lucidità vuol dire saper essere d'accordo con Pascal:
    "tanto più una persona è intelligente, tanto meno per essa esistono persone banali".
    Discorso lungo, perdona l'aggressività magari ti ci dedico un post. Che se no lo scrivo qui er post.

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  6. Ma no, perché t'incazzi? Eddai.
    Comunque, sulla questione avrei in serbo fiumi di parole, per citare i famosissimi Jalisse. Magari rispondo meglio al post che forse dedicherai alla questione, per adesso mi limito a proporti alcuni pensieri: e se alla fine, fossimo in qualche modo "costretti" dall'istinto di sopravvivenza in questa società a "rivalutarne" gli aspetti più detestabili? E' chiaro che non è possibile essere felici disprezzandola, sia pure parzialmente, perché si vivrebbe da disadattati, quindi riscattarla ai propri occhi potrebbe essere un pò un gesto di disperazione.

    Poi, la frase di Pascal mi piace. Sono d'accordo con lui, ma a delle condizioni: io non credo che esistano persone banali, ma persone rese banali da certi meccanismi che ho accennato sommariamente nel post. E' come se le persone fossero "sprecate". Quel bellissimo potenziale creativo, affettivo, emozionale, intellettuale, che ogni persona reca in sé sin dalla nascita, poi va incontro a una progressiva selezione che può essere deleteria. Ho espresso solo tristezza per questo spreco qui, per questa "selezione" che trancia via le parti forse più vive.

    Che sia stata offensiva, non lo so, non ho fatto nomi. Ho espresso un disagio, un senso di solitudine. Forse razionalmente potresti avere ragione tu, ma le mie sensazioni inibiscono ogni possibilità di gioire deiluoghi comuni che mi circondano. Non che io sia esente dal luogo comune, anzi.

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