Appunti di Storia moderna

sabato 12 ottobre 2013

Razzismo e odio di classe

"Sottoproletari dell'identità" (A. Sayad).
Che talvolta il razzismo si combini, fra le altre cose, con un odio di classe, è un fatto che bisognerebbe non stancarsi mai di sottolineare ed esplorare. Questa sinistra combinazione fra classismo e razzismo (e non solo) è approfondita dagli studi intersezionali, che cercano di analizzare le dinamiche delle discriminazioni considerando le categorie sociali non isolatamente, ma appunto nelle loro intersezioni (genere, razza, classe, ecc.). Si tratta di una prospettiva che sembra riuscire a superare il limiti del discorso antidiscriminatorio tradizionale, tendente a ipostatizzare una categoria a scapito di altre (benché qualcuno rifiuti la nozione stessa di "categoria") e non riuscendo in tal modo a cogliere del tutto la complessità delle situazioni sociali. La trovo molto interessante e opportuna e intendo approfondirla.
Ho trovato illuminante e decisamente attuale la riflessione di Renate Siebert in Il razzismo. Il riconoscimento negato, Carocci 2004, che ho letto da poco, che dedica un sottocapitolo all'intersezione razzismo/classismo e che voglio perciò ripostare qui.
Mi permetto di grassettare alcuni passaggi [pp. 106 - 110]:
"[...] Ciò che viene razzizzato, in un certo senso, è il lavoro dequalificato, il lavoro manuale. [...] 'Non sembra possibile negare che la determinazione dei criteri di esclusione della cittadinanza nazionale proceda in base a criteri di classe' (Burgio, 1998, p. 14). Per Balibar il razzismo anti-immigrati è intriso di una forma antica di razzismo contro gli operai, un razzismo iscritto nella storia dell'industrializzazione [...]. Anche René Gallissot sottolinea la sovrapposizione tra razzismo nazionalista e razzismo di classe. L'ossessione demografica che oggi connota fortemente il razzismo anti-immigrati esprime una paura che può essere letta in analogia con la paura delle classi povere, delle malattie e  della miseria dei proletari alle origini dell'industrialismo. [...]' (Gallissot, 1992, pp. 172-3).  
[...] Ciò che Balibar chiama 'la formazione di un complesso dell'immigrazione' è un insieme di enunciati che hanno la caratteristica di indurre a trasformare ogni problema sociale in problema posto dalla presenza degli immigrati. Da qui l'idea illusoria che l'espulsione della gran parte degli immigrati possa risolvere i problemi all'ordine del giorno. Una delle caratteristiche essenziali del razzismo si rivela ancora una volta la sua capacità di amalgamare tutte le dimensioni della 'patologia sociale' all'interno di un'unica causa. Ma l'immigrato e l'immigrazione sono categorie 'al tempo stesso unificatrici e differenziatrici', spiega Balibar. Da una parte amalgamano persone e popolazioni del tutto eterogenee, dall'altra parte, però, non tutti gli stranieri sono anche 'immigrati'. 'Scopriamo così, da parte nostra, che nella Francia contemporanea il termine 'immigrazione' è diventato per eccellenza il nome della razza' (ivi, p. 286). Ha scritto Hans Magnus Enzensberger: 'Quanto più elevata è la qualifica degli immigrati, tanto minori sono i pregiudizi nutriti nei loro riguardi. [...] Dei ricchi in questo contesto non si parla del resto mai: nessuno mette in dubbio la loro libertà di movimento. [...] Dove il conto in banca è a posto, l'odio per gli stranieri svanisce come per miracolo. [...] Gli stranieri sono tanto più stranieri quanto più sono poveri' (1993, p. 26).  
[...]L'immigrato svolge i lavori ormai concepiti come 'altri', vale a dire quei lavori squalificati, considerati degradanti, che ricordano un passato che si preferisce rimuovere. La specularità quasi coattiva che contrappone gli 'uni' agli 'altri' e che struttura attualmente le rappresentazioni sociali ricorda la complementarità speculare tra dominati e dominanti nel contesto coloniale. In analogia con Sartre che aveva detto che la colonizzazione crea un sistema, Sayad afferma: 'Come la colonizzazione, l'immigrazione costituisce un sistema di 'rapporti determinati, necessari e indipendenti dalle volontà individuali' in funzione del quale si organizzano tutte le condotte, tutte le relazioni così come tutte le rappresentazioni del mondo sociale in cui si è condotti a vivere [...]' (2002, p. 220)".  
Tutto ciò ha effetti molto concreti. Questo tipo di cultura condiziona pesantemente le scelte politiche e quindi le vite delle persone.

PS: sui CIE, altrimenti detti "prigioni amministrative", nei quali peraltro i giornalisti non possono entrare - il che si traduce nel fatto che resta molto difficile venire a sapere cosa accade lì dentro - si veda fra l'altro la campagna LasciateCIEentrare e in particolare le inchieste di Raffaella Cosentino.

PS2: Quanto invece all'intersezione fra razzismo e sessismo, nella blogosfera fermentano sul tema percorsi individuali e collettivi sempre in aggiornamento, che vale la pena seguire e valorizzare; in questo si distinguono in particolare il blog di Vincenza Perilli, Marginalia, e quello di Sonia Sabelli,  cui devo molte letture interessanti nonché la scoperta della rivista ZapruderSud De-Genere segnala inoltre un interessante libro di Sabrina Garofalo sulle donne migranti.

Testi citati da Siebert:
A. Burgio, L'invenzione delle razze. Studi su razzismo e revisionismo storico, Manifestolibri, Roma 1998
E. Balibar, Il razzismo "di classe", in Balibar, Wallerstein, Razza, nazione, classe, Edizioni Associate, 1996
R. Gallissot, Razzismo e antirazzismo. La sfida dell'immigrazione, Edizioni Dedalo, Bari 1992 (ed. or. 1985)
H.M. Enzensberger, La grande migrazione, Einaudi, Torino 1993 (ed. or. 1992)
A. Sayad, La doppia assenza. Dalle illusioni dell'emigrato alle sofferenze dell'immigrato, Raffaello Cortina, Milano 2002 (ed. or. 1999)

7 commenti:

  1. Grazie Denise,
    come ho scritto poco fa in Marginalia riprendendo e rinviando a questo tuo articolo, l'argomento è cruciale e auspico l'apertura di una discussione anche via web. Purtroppo vedo che i commenti languono, ma purtroppo sembra che di questi tempi la maggioranza delle/degli internauti trovi più stimolante cliccare su "Mi piace" in Facebook ...
    Spero a presto, buonanotte

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  2. Grazie a te! Blog come il tuo e quello di Sonia sono utilissimi, a mio avviso, vi prego sinceramente di non smettere mai! Siete una miniera di informazioni e spunti che altrove, veramente, mancano, e mi piace questo voler superare ogni trito accademismo, diffondendo e contaminando ricerche anche in contesti "informali" come i blog. Sulla discussione naturalmente mi farebbe piacere, ma manca la materia prima: le persone interessate. Ti dico solo che dopo questo post, casualmente oppure no (chissà?), credo di aver perso un paio di followers ;) forse abbiamo toccato un tema fastidioso? Francamente, spero di sì. (Unico spunto di discussione di lettori: altrove mi è stato detto che il razzismo non si spiega sempre/solo con l'odio di classe, sul che ovviamente nessuno ha preteso di dire il contrario). A presto, Denise

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    1. Cara
      sulla "materia prima" che dire: è scoraggiante ...
      Non penso che il tema (relazione tra classe e dominio razzista) sia "fastidioso", ma certo complesso e suscita qualche "diffidenza" che ha radici anche storiche
      C'è stata la tendenza in certi ambiti - soprattutto negli anni 60-70 - a considerare la classe come la categoria "principale" che poteva spiegare tutto e individuare nel conflitto/dominio di classe la "priorità"
      Questa è anche una delle spiegazioni che vengono date per spiegare/giustificare come mai il femminismo italiano di quegli anni (con notevoli eccezioni) abbia poco indagato la categoria di classe (ho accennato a questo in un saggio pubblicato anni fa, se ti interessa posso inviarti)
      Direi che l'intersezionalità, come giustamente dici, è stata molto importante proprio perché ha messo in luce la necessità di guardare a queste categorie nelle loro imbricazioni, a non considerarle isolatamente.
      Quindi l'argomento è importante, andrebbe approfondito e discusso e anche in assenza di "materia prima" hai fatto benissimo a porlo ;-)
      A risentirci,
      v.

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    2. Assolutamente sì, se ti va di mandarmi il tuo saggio (mail: denise.cel@libero.it) oppure di darmene gli estremi per procurarmelo, te ne sarei davvero grata! Devo dire che, studiando con passione temi che hanno a che fare con la cosiddetta riflessione filosofica socio-politica, io non ho finora mai incontrato questa chiave di lettura, il che, mi sto convincendo, è spiacevole perché le letture che si fanno delle situazioni sociali per proporne normativamente delle evoluzioni, sarebbero - credo - molto arricchite da questo approccio, benché ancora lo conosca poco. Non sono informata su quanto accenni in relazione al femminismo, quindi volentieri approfondisco. Grazie per questo scambio! Di nuovo, a presto :)

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  3. Bene ;-)
    L'articolo che ti dicevo (che non affronta la questione specifica, ma vi accenna e offre spunti e riferimenti bibliografici del perché la classe è stata all'interno del trittico class, race and gender la categoria meno indagata dal femminismo italiano) è stato pubblicato in francese sui Cahiers du Cedref (2005) e lo trovi online (http://cedref.revues.org/420). In italiano vi accenno anche in un articolo pubblicato sul n. 13 (2007) di Zapruder dedicato ai femminismi transnazionali
    Se/quando leggi mi farà piacere sapere cosa ne pensi

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  4. Togli il "se"! :) lo leggerò volentieri e ti farò sapere che ne penso. (Al momento, l'unica cosa che mi viene in mente sono le stilettate di Carla Lonzi contro il marxismo in Sputiamo su Hegel...ma vedremo!).

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  5. Bene! Sarà un piacere continuare il confronto
    Intanto ho appena pubblicato un articolo che penso proprio possa interessarti
    Quindi ti aspetto in Marginalia ;-)

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