Appunti di Storia moderna

martedì 23 luglio 2013

L'onta femminista

Niente, ormai è assodato. La parola femminismo suscita riprovazioni primordiali, sdegno viscerale, incomprensione cosmica, pregiudizio ontologico. "È brava, però è femminista". (Sì, tipo "È femmina, però è bella").
Ovunque sempre la stessa storia, con gente di tutte le estrazioni. Plurilaureati , masterizzati e non, proletari e capitalisti, sinistrorsi e destrorsi, uomini e donne di ogni risma, attivisti e poltronisti, tutti. Pronunciare quella parola e vedersi inchiodate addosso gli occhi torvi, increduli, disorientati e insofferenti dell'interlocutore/trice è praticamente lo stesso atto.
La mia reazione a questa reazione è schematizzabile come segue:
- Insofferenza all'insofferenza. Respira, rifletti, confrontati: ok.
- Vocazione missionaria. Cerco di spiegare in poche parole cos'è il femminismo (usando il plurale, necessariamente), secondo l'implicito assunto molto ingenuo e un po' platonico che "è perché non lo conosci che lo rifiuti".
- Disillusione radicale del precedente assunto, spesso di fronte a una domanda assolutamente annichilente, del tipo: che te ne fai delle "bandiere"? perché vuoi la guerra tra i sessi scusa? perché "donne" e non "persone"? ecc.
- Illusione che sia possibile rispondere puntualmente e razionalmente alle suddette domande. Spiegare con argomenti si spera cogenti che non è una "bandiera", che non è la versione speculare, femminile, del maschilismo, che non è "una guerra tra i sessi", che non siamo neutre/i, ecc.
- Constatazione realistica che il precedente tentativo ha rimbalzato, rimbalza e rimbalzerà contro un muro di gomma.
- Vis polemica. Contestualizzo l'insofferenza e lo faccio presente. Dico: questa reazione molto comune si spiega con un tentativo di neutralizzare, disconoscendolo, il potenziale politico sovversivo del femminismo. Perché femminismo non è solo "femminismo", è un modo di radicale cambiamento della società e della cultura, di profonda sovversione delle gerarchie assodate di potere, interiorizzate e non. E quindi come tale va assolutamente banalizzato, delegittimato, ridicolizzato. C'è, cioè, una questione di potere dietro.
- Cortocircuito. Tanto sforzo comunicativo è condannato a ripiombare su se stesso. Prendo atto che l'interlocutore/trice non ha la minima idea, ma soprattutto la minima curiosità di capire cosa sia questa strana entità ("femminismo"). E che non avendo alcuna curiosità, si ferma alla sua reazione di istintiva antipatia (che in realtà è culturale) e la rivendica come tale. Prendo atto dunque che da tale cortocircuito è impossibile uscire, per il banalissimo motivo che chi vuole confrontarsi/capire si confronta, chi non vuole confrontarsi/capire non si confronta.
- Rassegnazione. Inutile, dannatamente inutile discutere.
- Esito riflessivo. Forse per essere curiosi/e verso certe cose è necessario aver sperimentato l'ingiustizia. Se non la si è vissuta e sperimentata come tale, la natura di un discorso politico risulta incomprensibile.
- Casa dolce casa. Le amiche e conoscenti femministe, con loro ci capiamo. Ma al di fuori del nostro recinto, non siamo capite, è impossibile comunicare. E questo è, ahinoi, un problema che ci riguarda direttamente. È, forse, IL problema.
Il problema è che tutto questo ha effetti molto concreti; si va ben al di là della semplice disputatio informale. C'è qualcosa di profondamente politico dietro, e se non saranno un paio di conversazioni a cambiarlo, è innegabile che siamo di fronte a un sintomo di un'insofferenza più grande. L'insofferenza per la libertà femminile, io credo.
- Esito riflessivo 2. È estremamente importante uscire dal proprio ambiente. Serve a capire tante, tante cose. Non solo in relazione al femminismo, ma in relazione proprio a tutto. È una palestra cognitivo-politica molto utile e interessante. Serve, fra l'altro, a relativizzare e contestualizzare; serve per una metariflessione sui linguaggi e sulle consapevolezze. Serve per rendersi conto, anche se l'effetto frustrante sembra compreso nel pacchetto.

Vorrei fare un'articolata riflessione sul tema, su cui c'è veramente tanto da dire, ma sono talmente annichilita dall'evidenza del rifiuto generale, che mi lascio sopraffare dalla stanchezza e vado a mettermi lo smalto.  
Ok. Temo che l'approvazione degli altri mi interessi sempre meno, ma soprattutto temo che sia quanto mai attuale e necessario (cioè anacronistico) portare avanti certe teorie/pratiche che non piacciono a nessuno. E che il fatto che non piacciano sia estremamente significativo, un qualcosa con cui misurarsi politicamente, evitando le polemiche e le provocazioni come la scabbia, al contempo evitando, però, di chiudersi in una specie di elitarismo cognitivo-politico.
[Il mio problema è che sono piena di onte (filosofia, maternità precoce, terrona, ecc). Ci fosse una tessera al supermercato, con i miei bollini-svantaggio avrei certamente vinto un borsone]. 
- Esito riflessivo 3. Naturalmente, alla luce di quanto detto, questo post è completamente inutile. Perché chi lo sa già - le femministe - non ha bisogno di saperlo, chi non lo sa non ha nessuna intenzione di saperlo. Ergo, mi rimetto l'armatura da Don Chisciotte, arrivederci e grazie.

PS: al proposito, articoli come questo sono una boccata d'aria fresca

3 commenti:

  1. carino spiritoso e tutto vero, ma il femminismo procede anche all'insaputa di chi lo nega e-o denigra. Tante cose che accadono ,tante donne che emergono dal buio della dimenticanza è femminismo.Oggi una donna che ammiro molto, Monica Laura Smith ,mi ha fatto conoscere una stupenda, virtuosa pianista Martha Argerich. Ha una certa eta ,dove ,chi la teneva "nascosta"? Perchè la conosco solo ora? Perchè la TV e i giornali fanno tanta pubblicità a qualsiasi piccolo uomo? IL POtere, mia cara, il Potere continua a creare mostri e il nostro potere naturale non è gradito

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  2. Secondo me è anche questione di mode, adesso sono tutti i giovani e i mass media sono gay-friendly contro la ka$ta e il Vaticano che impediscono i matrimoni omosessuali e il riconoscimento delle coppie di fatto. Noto che con il femminicidio il cerchio intorno al femminismo si sta rompendo comunque, anche fra gli uomini. http://www.minimaetmoralia.it/wp/di-cosa-parliamo-noi-maschi-quando-parliamo-di-femminicidio/
    Se invece incontri resistenze coriacee, non mi impunto a cercare di convincere una persona che non ne vuole sapere chiaramente ma di solito cerco l'arma della retorica, o meglio della Retorica. Fra le figure retoriche che funzionano meglio ci sono i paragoni. E' sufficiente prendersela con la religione, mette d'accordo molti, oppure/anche paragonare alcuni ragionamenti e comportamenti a quanto succede nei paesi islamici, mostrando la similarità dei meccanismi. Di solito le persone reagiscono con incredulità e impazienza, argomentando che sì però loro hanno il burqa ecc., e quando gli fai notare che è solo questione di gradi, oppure gli porti a esempio l'ultimo video su youtube in cui il "selvaggio" islamico si è comportato precisamente come Berlusconi, di solito ammutoliscono. E se la prendono con Berlusconi.
    :D

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  3. Ciao Close, contenta di averti qui :) Ammiro il tuo pragmatismo, il problema è che io sono ancora nella fase che mi arrabbio. Perdo la pazienza, mi sale l'embolo. Non riesco a rassegnarmi al fatto che la gente si accontenti della prima impressione, tanto intorno al femminismo quanto, naturalmente, intorno a molto altro. Perché so che per la superficialità di gran parte delle persone c'è un'altra parte di popolazione che deve passarne di ogni; e le conversazioni ammorbanti non sono che un micro-sintomo di tutto ciò.
    C'è da dire che l'articolo di Raimo è, almeno finora, un caso su mille; io purtroppo ho una percezione molto diversa, anche intorno al femminicidio. Anche se la questione in effetti ha avuto il merito di portare all'attenzione delle persone molti temi da sempre trattati "inter nos"; ma in generale credo che la distinzione tra chi vuole informarsi e chi no, tra chi è curioso/a e chi no, resti almeno al momento rigida.
    Lo stupore deriva anche e forse soprattutto dai cosiddetti attivisti che conosco. Costoro sono disposti/e a riconoscere categorie di potere come capitalista/proletario - padrone-schiavo, colonizzatore/colonizzato, eccetera, ma rifiutano completamente l'idea che ci possa essere e ci sia sempre stata una gerarchia di potere tra i generi. Men che meno che esista una parola come "femminicidio", sulla quale poco sono informati/e e sulla quale prendono posizione soltanto dopo una pigra riorganizzazione dei loro pregiudizi. Posso aspettarmelo da chiunque, ma dall'attivista che ha pretese di lettura avanzata della società e annesse pretese di cambiamento, beh...le sorprese non finiscono mai.
    E ho anche difficoltà a farmi capire col paragone della religione. Ci ho provato, in passato, diverse volte; mi è venuto spontaneo. L'idea non piace. Si finisce col parlare di aborto, che guarda caso è sempre inconcepibile, un capriccio della donna eccetera. Poi c'è anche tutto un cattolicesimo radicato per cui andare a parlare di religione può essere un boomerang, e mettici anche questa nuova adorazione di massa per lo pseudofrancescanesimo viscino alla ggente del vaticano. (Naturalmente in questo l'attivista è d'accordo; ma bisogna legittimare l'aborto non da un'ottica femminista, bensì in virtù di una sorta di generico "umanesimo", come dire).
    Insomma, dopo l'ennesima discussione che ha ispirato questo post, ho deciso che non mi interessa più confrontarmi con chi è totalmente privo di curiosità e interesse; è inutile e mi secca terribilmente. Su Berlusconi, ahah, mi viene in mente una frase di un'amica: "Non mi piace che si usi il termine berlusconismo invece di patriarcato".
    Grazie e a presto :)

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