Appunti di Storia moderna

sabato 6 novembre 2010

La sintassi di un bambino

S. ha capito i meccanismi della lingua italiana. Osservare il processo genetico-evolutivo della lingua, anzi del linguaggio, che sta attraversando, mi dà l'opportunità di osservare da una posizione privilegiata fenomeni complicatissimi, non solo linguistici, ma piu ampiamente filosofici, antropologici, psicologici, filo e ontogenetici, nella persona di mio figlio. Nel particolare della nostra quotidianità, riviviamo un pezzo di storia evolutiva umana. Il che è estremamente emozionante. Non solo per il legame affettivo, ma anche per il "vantaggio speculativo" - come in altro contesto lo chiama F. Rigotti - che l'esperienza mi consente in quanto madre. E qui ci sarebbe da aprire un'interminabile riflessione sui vantaggi cognitivi, filosofici, intellettuali, creativi, ecc che si offrono alle madri.
Alcune curiosità riguardano un fatto certamente già noto agli addetti ai lavori: l'assimilazione sostanziale della sintassi precedente all'apprendimento articolato del lessico. Mi riferisco, per dirne una, al fenomeno delle eccezioni grammaticali, davvero illuminante. Il fatto che S. usi "spegnato" come participio passato di "spegnere", è indicativo che ha appreso il meccanismo generale del participio, benché tecnicamente sia un errore. 
Nella mente di un bambino di due anni le azioni concluse sono definite dal suono "to" finale nelle parole: azione conclusa=to alla fine del verbo, questo è lo schema. Gli errori sono qui rivelativi di una comprensione profonda della regola grammaticale: le eccezioni si imparano dopo, con l'uso e con la scuola. In sé le eccezioni sono sbagliate, non il sapere di fondo, l'assimilazione del meccanismo, sono deviazioni dal percorso che ha una sua logica. Quella che il bambino comprende prima. 
Lo stesso valga per "io piangio" che trasferisce la desinenza di "mangio", parola d'uso frequente, a un verbo di cui S. intuisce la somiglianza fonica. La sua mente sembra pensare: "di solito funziona così, dunque funzionerà così anche in questo caso". E' un induttivismo pratico, quello che usiamo quotidianamente per motivi di sopravvivenza, in contesti piu o meno sofisticati. Sembrerebbe che l'induzione, al di là di tutti i dibattiti epistemologici su limiti e inopportunità scientifica, sia  una specie di retaggio genetico, il primo che adoperiamo, per poi nella vita imparare ad articolarlo variamente. La potenza cognitiva del tranfert si esprime in questo processo con grande evidenza. L'intelligenza usa quello che è stato già appreso per affrontare ciò che è ancora da apprendere.
Ciò vale probabilmente anche per la mancata pronuncia delle consonanti finali: esse vanno sempre accompagnate da una vocale. Così "autobus" diventerà "autobusce", "sport" diventerà "potte", i nomi "bar" "baiie". Si direbbe che ciò sia dovuto a una marcata interiorizzazione della lingua italiana. S. ha capito che normalmente le parole terminano in vocale; così applica istintivamente il meccanismo correttivo là dove manchi una corrispondenza con la prassi linguistica acquisita.
Nel caos delle esperienze la mente deve rintracciare un metodo, inteso in senso etimologico - una linea guida che consenta di farsi strada in quello che altrimenti sarebbe puro e semplice caos: l'assimilazione di schemi deve obbedire all'istinto - chiamiamolo così - di riproporli là dove vengono a mancare, per evitare di perdersi. Come se il background cognitivo diventasse all'occorrenza strumento per semplificare il mondo, in questo caso linguistico, non ancora noto.

PS: non sto vantando capacità eccezionali di mio figlio...per tutti i bambini suppongo che il processo sia lo stesso.

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