Appunti di Storia moderna

lunedì 15 febbraio 2010

Il martirio dell'impiegato

"Mi faccio un mazzo tanto e pago le tasse"
E' raccapricciante l'orgoglio arrogante con cui così spesso si sentono pronunciare frasi di questa risma. In genere, è un modo per dare sfogo al proprio odio verso qualcuno che lo ha suscitato per motivi niente affatto legati al fatto di pagare le tasse o meno. Per esempio, scatta se il vicino di casa fa molto rumore, o se x parcheggia nel posto che avevamo adocchiato noi. E' evidente che non c'è alcun nesso apparente.
E' chiaro che non la stragrande maggioranza delle persone lavora e paga le tasse con piacere. Ergo: se potesse, di certo non lo farebbe; se fosse nelle condizioni di prendere i cosiddetti sussidi, non li schiferebbe. Dunque, perché trasfigurare delle azioni compiute così malvolentieri in meriti, a partire dai quali tracciare una linea di demarcazione fra i giusti e gli sbagliati?
Mi viene in mente il lungimirante Adorno, che, sono sicura, in un'espressione del genere avrebbe ravvisato l'invidia masochista dell'uomo medio. L'uomo medio, direbbe, proietta sugli altri, su quelli che non la vivono e che quindi invidia, l'odio per la sua condizione, per dare così sfogo al suo inconscio represso - appunto - dal lavoro e dalle tasse.
E' quello che io chiamo martirio dell'impiegato.
L'impiegato detesta la sua condizione di lavoratore nella pubblica o privata amministrazione, vede (inconsciamente, intendo) la mediocrità del suo stile di vita e l'odiosità di tutte le operazioni fiscali e sociali cui è soggetto, e deve in qualche modo riscattarsi ai suoi occhi: trovare una redenzione.
Tale redenzione si esprime nella trasfigurazione della propria immagine di banale funzionario di provincia in martire incompreso della pubblica o privata amministrazione, quindi della società. Si tratta di una tentazione irresistibile. Egli porta sulle proprie spalle il peso di una fitta rete burocratica che gli tarpa le ali a ogni passo; e lo fa, fra l'altro, imponendogli le tasse. Ma siccome odia pagare le tasse, e non è certo con esultanza che si avvede degli euro sottratti periodicamente dalla sua busta paga o per altre vie, benché questo si sia sospettati di pensare nell'udire l'espressione in esame, il fatto di pagarle lo fa sentire migliore, dalla parte dei giusti. Di qui lo scontro inevitabile con quegli elementi della società che mostrano in qualche modo di allentare la presa della rete burocratica, dell'ordine borghese rigido. Questi elementi possono anche in effetti pagare le tasse, ma nel caso che si crei l'occasione di uno scontro, risulta irrefrenabile il ricorso al concetto, che, dunque, così tradisce la sua intrinseca extracontestualità: lo scontro è solo un occasione come un'altra per dare sfogo al proprio io imbrigliato.
Si potrebbero fare considerazioni analoghe per le imprecazioni che quotidianamente si scambiano gli automobilisti sulle nostre strade. Persone distinte e rispettate, uomini e donne tutti d'un pezzo, magari gli stessi che non esitano a ricordare a ogni occasione che noi paghiamo le tasse, si trasformano in tipologie umane che loro stessi definirebbero rozze e troglodite.
Parolacce, volti deformati da una rabbia che è un misto di odio misantropico e disgusto, non di rado bestemmie, saliva al vento, mani che gesticolano con violenza, e che sono solo l'evoluzione in senso civile delle crude e desideratissime botte. Qualcosa mi dice che c'è un nesso essenziale tra il fatto di pagare le tasse e queste reazioni estemporanee. C'è un odio disciplinato, inquadrato nella routine dell'affabilità dell'uomo integrato, nel savoir-faire mondano discreto che egli deve saper vantare, che, in una vita così minuziosamente preconfezionata e scandita dalla solita e solida ripetizione burocratica, da qualche parte deve pur uscire. L'errore del vicino, un parcheggio rubato, quale migliore occasione per tirarlo finalmente fuori.

2 commenti:

  1. Beh non so a volte. Delle volte per esempio io ho sentito questa cosa nel contesto di un incazzatura legittima, perchè devo valere di meno io che pago le tasse mentre quello li non le ha pagate e ora può portare i suoi miliardi fatti in maniera disonesta qui con lo scudo fiscale?
    Insomma proporrei una casistica:)

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  2. In realtà il dibattito sull'assistenzialismo e sulla destinazione dei "fondi pubblici" è molto interessante e include legittimamente considerazioni del tipo che avanzi tu.
    Qui, però, non intendevo prendere posizione in merito a queste questioni, ma criticavo la piega qualunquista e *borghesoide* che prende molto spesso l'idea di pagare le tasse, la sua decontestualizzazione radicale, e la frustrazione nonché l'odio sociale che si nasconde dietro l'atteggiamento di difesa e aggressione dell'uomo medio militante, che vuole mascherare con argomentazioni di questo tipo, anche senza la prova che gli interlocutori in effetti non paghino le tasse.Insomma mi sembra un modo un pò infantile per sfogarsi di uno stile di vita che non gli piace, attraverso la riprovazione di qualche categoria sociale comunemente sottovalutata o declassata (gli "zingari", i disoccupati a lungo, i poveri, ecc).

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