Pare che oggi uno dei peggiori epiteti che si possano attribuire a una persona, sia quello di "asociale". Chi non sfoggia naturalezza nelle relazioni, chi non sorride spontaneamente nell'incorciare un proprio simile(perché non vede nel comune essere umani una ragione sufficiente per socializzare), chi non estrae da se stesso la battuta giusta nell'occasione giusta, chi non si presenta alla società come un prodotto allettante agli occhi del mondo-consumatore grazie al suo essere sbarazzino e leggero inside, è un... asociale. Non sia mai! "quello è un asociale" "chi? chi? ti prego, indicamelo " "quello lì seduto sulla panchina, con le spalle ricurve e lo sguardo sprezzante" "oohh. Un diverso, un diverso!".
Al di là delle caricature, l'asociale è uno in cui qualcosa nella sua natura di zoòn politikòn è andato storto. Si chiarisca che "storto" è in relazione a un "dritto" che ha ben poco d'universale e necessario: è il "dritto" della maggioranza. Tanto ormai lo sappiamo che è la maggioranza a fare da spartiacque tra bene e male, giusto e ingiusto. Così, se i più sono socievoli e dalle sembianze filantropiche, è giusto essere socievoli e sembrare filantropi. Ed ecco che il cosiddetto asociale ha in sé il germe di una colpa per cui dovrà scontare una pena imprecisata comminatagli al di là dello spazio e del tempo senza la formalità delle sentenze, ma con la drasticità del senso comune giudicante.
Ma andiamo più a fondo: perché il cosiddetto asociale, "è" asociale? Siamo sicuri che rinneghi integralmente la sua presunta natura di animale politico, ignorando il benché minimo interesse verso ciò che è umanamente altro-da-sé?
Qui non posso che esprimermi ricorrendo alla formula "io-credo"... che l'asociale sia sostanzialmente un timido. Contrariamente all'aggettivo incollatogli dalla società, è uno che di società ha bisogno, forse più intensamente di chi questo bisogno lo palesa senza troppe dissimulazioni. La sua timidezza è proporzionale al disprezzo per le formule sociali standardizzate, per l'entusiasmo a suo parere ingiustificato perché vuoto che tendenzialmente ricalca se stesso ad ogni occasione mondana, per quella che giudica una leggerezza gratuita che accomuna i più , incompatibile con la sua congenita pesantezza (nuovamente, ben poco universale e necessaria). L'asociale cerca relazioni intense. Non è forse quindi, più "sociale del socievole"? Almeno da un punto di vista qualitativo, sì.
Probabilmente non è il tipo che piacerebbe alla suocera né agli zii, ma uno di cui si parlerebbe a lungo durante il consiglio di classe come di un ragazzo problematico. Uno che in genere non viene invitato alle feste, e che se ci va sta in disparte eventualmente accompagnato dalla sola cosa che lo capisca in quel momento: una bottiglia.
Uno che a natale si rifiuta di regalare il panettone ai vicini, anche se mamma insiste. Uno che non frequenta più le chat perché sa come vanno le cose. Può arrivare a misantropizzarsi, oppure a una specie di saggezza, può arrivare a degradarsi o a fare delle pareti della camera il mondo.
E infatti, la sua diversità può sfociare ora nella degradazione ora in una risorsa di successo. Un successo che poco ha a che fare con la mondanità, ovviamente.
Chissà, probabilmente guarda il mondo da una prospettiva privilegiata. Ma, appunto, "guarda". Forse scrivendo la sua biografia, ci sarebbe poco da dire, giusto tre o quattro eventi importanti, due dei quali sono la nascita e la morte. Ma, come disse qualcuno, (cito a memoria...) : in queste persone ciò che conta non avviene fuori, ma dentro.
svegliarsi la mattina..guardare le nuvole che soffocano il sole..
RispondiEliminastorpiare il naso alla vista di una cioccalata lasciata marcire sul davanzale della mia finestra..
brancolare fra vecchi panni sporchi che esalano chimici odori..apro il frigo..bianco..lo chiudo..lo stomaco impreca..troppo alcool ieri sera..l'orologio suona..mi ricorda che ho un impegno..devo cagare..ah..si...
in tutto questo dov'è la società?!
Skar
Il profilo dell' "asociale" da te delineato è naturalmente soltanto un profilo possibile, relativo al multiforme fenomeno delle difficoltà di integrazione. Tuttavia è un profilo molto segnato da autocompiacimento. Non che questo sia un male, ma certamente ha qualcosa da condividere con la società dell'apparenza e del "tipo individuale" in cui si trova così tanto a disagio.
RispondiEliminaPer quanto riguarda il fatto che quello da me delineato è solo uno dei modi possibili con cui il "fenomeno dell'asociale" può manifestarsi, sono pienamente d'accordo.
RispondiEliminaL'autocompiacimento che tu intravedi non è da me giustificabile che considerandolo un modo un pò bizzarro (apparentemente) per riscattare "socialmente" l'asociale stesso. O meglio, un modo dell'asociale di trovare nella sua condotta di vita un qualche motivo di orgoglio, che nella fatispecie è la diversità. Evitando di parlare in astratto, nel mio caso autoaffermarmi asociale ha implicito in sé il sentirmi quasi dotata di qualcosa che altri non hanno, e quindi trovare in questa mia specie di esclusività un modo per piacermi, impossibile altrimenti.
Avrei altro da dire ma scrivo di fretta!
Cmq ho visto che sei dottorando alla Sapienza. Io studio lì, filosofia secondo anno
Sono anche segretario della Fondazione Gentile (sul retro della facoltà). Se vuoi passare a trovarmi nei giorni di apertura facciamo una chiacchierata. Gli orari della fondazione sono sul sito della facoltà, ma conviene che prima mi scrivi una mail (l'indirizzo è sul blog).
RispondiEliminapost molto bello e passionale.
RispondiEliminabisogna curare l'apparato metodologico, ma mi stai dando soddisfazione ;)
nonimo, esci allo scoperto!
RispondiEliminaio sono sempre stata un'asociale,però non me ne compiaccio,io credo che per vivere abbiamo bisogno degli altri,negare questo bisogno ci fa solo stare peggio.vorrei uscire dalla mia condizione
RispondiEliminaLa penso come te, difatti ho scritto:
RispondiElimina"Contrariamente all'aggettivo incollatogli dalla società, è uno che di società ha bisogno, forse più intensamente di chi questo bisogno lo palesa senza troppe dissimulazioni".
Ciao. Io sono una persona Asociale! Appartengo di diritto a questa categoria in quanto persona Introversa. Sembra che anche tu ne sappia qualcosa di Introversione. Ti segnalo la LIDI la Lega Italiana per la tutela dei diritti delle persone Introverse. Ha un sito all'indirizzo www.legaintroversi.it da cui è possibile accedere ad un forum in cui scrive una piccola comunità di persone Introverse. Tra cui io con nickname Koenig4. Potrei avere il permesso di pubblicare questa tua testimonianza che ritengo preziosa su quel forum, citando ovviamente la fonte? Se poi ci vieni a trovare sarebbe anche meglio perchè sarebbe un grande piacere. Un caro saluto.
RispondiEliminaCiao, confesso che l'idea di un'associazione di introversi mi fa sorridere, anche se sono curiosa di conoscere quali diritti rivendica (ma scettica, un tantino!).Puoi tranquillamente postare l'articolo, verrò a visitarvi sicuramente.
RispondiEliminaRitiro quello che ho detto: trovo molto interessante il sito e il forum. La ritrosia iniziale è dovuta al fatto che un'associazione di asociali potrebbe sembrare una contraddizione in termini. aggiungo il sito tra i link !
RispondiEliminaCiao Denise ti ringrazio. Nel forum c'è il mio post "Gli Asociali", a cui ho aggiunto la tua preziosa testimonianza citando il tuo blog. Naturalmente io ironizzavo sul pregiudizio che vede negli Introversi delle persone strane e in particolare Asociali. Noi Introversi non siamo sociali, è vero, ma siamo socievoli : Non amiamo le comitive ma l'amico fedele. Se verrai a trovarci nel forum ci darai un grande piacere. Un caro saluto.
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